L’“emozione”, un vocabolo spesso traviato, inflazionato, iperstrumentalizzato dai nostri amati media moderni. Ma che cos’è veramente un’emozione? E soprattutto che ruolo assume l’”emozione” nel mondo artificiale e virtuale che viviamo oggi?
Purtroppo, la prima questione che è necessario sottolineare è che, ad oggi, l’emozione rappresenta la maggiore vittima del mondo ipertecnologico che contorna la nostra quotidianità.
I nostri apparecchi elettronici ci accompagnano in tutte le ore della giornata, dal mattino al momento in cui si va a dormire, e vanno a sostituire formalmente i nostri affetti. Il cellulare assume il ruolo di un mediatore asettico volto a distorcere e annientare un carico emozionale, che non siamo più abituati nè educati ad elaborare. L’interfaccia virtuale annulla il nostro assetto emozionale, riducendo la relazione ed il dispendio cognitivo necessario a manipolare emozioni importanti e fondamentali per una crescita funzionale e ricca.
Le nuove modalità tecnologiche esauriscono ogni attivazione emotiva, ma non solo, riducono al minimo se non annullano totalmente l’esperienza sensoriale, ed emotiva di conseguenza, legata al gusto di mangiare un gelato, al profumo di una pasta appena sfornata, alla sensazione della ruvida carta di un vecchio libro e dal suo rumore quando questo viene delicatamente sfogliato.
Tutta questa sfaccettata taratura emozionale polisinfonica che contraddistingue la vita di un individuo a partire dalla sua nascita, attualmente è quasi rasata al suolo.
I bambini sono educati sin da piccoli ad avere un proprio mondo virtuale con cui dialogare, raramente viene lasciato loro il lusso e la fortuna di sporcarsi, di manipolare e di annusare.
Qualcuno può pensare che bisogno c’è quando esiste un artificio che possa intrattenerli con il minimo sforzo?…
La risposta è: i bambini conoscono la realtà in modo plurisensoriale.
La nostra scuola e quella dei nostri genitori è da sempre incarnata su un’educazione di tipo letterario o al massimo su un’educazione visiva, traviata anch’essa dalle tecnologie moderne, barriere invalicabili della sperimentazione diretta.
Se pensiamo che è bene conservare la globalità sensoriale degli individui, ci dovremo distanziare dalle realtà fittizie e simulatrici promosse da smartphone, tablet e computer in mano a bambini sempre più piccoli e promuovere una più diretta conoscenza dei fenomeni, partendo dalla primaria immediatezza della percezione sensoriale diretta.
Agire proprio nel momento di costruzione e strutturazione della personalità individuale del bambino rappresenta lo strumento di maggiore spessore etico e sociale, concretamente orientato verso un cambiamento culturale reale ed attendibile.
Ciò non toglie che l’utilizzo dei mezzi comunicativi prediletti dal mondo odierno, reinterpretandoli nell’ottica di un utilizzo consapevole, potrebbe rappresentare un ausilio facilitativo, soprattutto nel mondo della disabilità.
D’altra parte l’esperienza diretta e la possibilità di poter sperimentare, condividere, discutere ed essere coinvolti in prima persona continua ad essere un elemento di propulsione al cambiamento, all’introspezione ed alla riflessione individuale e di gruppo, ma soprattutto all’abc emozionale e a tutto quello che ne deriva.
Vero è che per educare alle emozioni al meglio, sarebbe impotante anche conoscerne alcuni presupposti scientifici, imprescindibili ad esempio dall’ampio lavoro effettuato dal professor Paul Ekman, psicologo e direttore dello Human Interaction Laboratory dell’Università della California, che ha studiato per più di trent’anni la mimica facciale collegata alla lettura delle emozioni. Nel 1972 questo psicologo ha identificato 6 emozioni di base: la paura, il disgusto, la rabbia, la sorpresa, la felicità e la tristezza.
Nel 1999, ha ampliato questo elenco per includere una serie di altre emozioni di base tra cui l’imbarazzo, l’eccitazione, il disprezzo, la vergogna, l’orgoglio, la soddisfazione e il divertimento.
Tutte queste emozioni sono codificate attraverso espressioni e micro-espressioni facciali universali, comuni a tutti gli esseri umani, a prescindere dall’etnia, razza, cultura, educazione o religione.
Esse sono apprese attraverso meccanismi di imitazione precoce e di simulazione, incarnati nell’essere umano, sin dalla primissima infanzia (per info vedi “Simulazione ed Empatia: Meccanismi Familiari?”).
Gli studi di neurobiologia ci hanno dotato un aiuto ulteriore per capire meglio come avvengono le emozioni nel nostro corpo e con quali conseguenze. E così ora sappiamo che dolore e piacere sono modulati entrambi da specifici circuiti neurochimici, come il sistema delle endorfine e quello della dopamina, e coinvolgono le stesse aree cerebrali: insula, striato, corteccia orbitofrontale, nucleo accumbens e amigdala.
Tutto questo ci illustra gradualmente quanto complesso sia solo provare un emozione ed assumere l’espressione ad essa correlata. In sostanza perchè ridiamo o piangiamo, perchè andiamo su tutte le furie se il nostro bambino fa i capricci….?
La neuropsicologia e le neuroscienze ci danno una mano per capirlo, anche se il cervello permane un mondo oscuro ancora quasi interamente illeggibile da occhio umano, ma soprattutto ci aiutano a comprenderne l’importanza essenziale per l’apprendimento e lo sviluppo infantile e di conseguenza la necessità di tenere a bada tutte quegli artifici tecnologici che ci fanno allontanare dalla nostra realtà emotiva e promuovere un’esperienza sensoriale diretta intimamente legata allo sviluppo e alla crescita infantile…
Ricordiamocelo: senza emozioni non si può vivere!
Dott.ssa Martina Turini